Instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto – esclusione della perdita automatica e integrale del diritto di assegno divorzile
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza 32198/2021, pubblicata il 5 novembre, hanno stabilito che l’instaurazione di una nuova convivenza non è un motivo sufficiente a giustificare l’estinzione automatica del diritto a ricevere l’assegno divorzile, ma comporta solo una rimodulazione della somma da riconoscere all’ex coniuge, operando dunque una decisiva distinzione tra componente assistenziale e componente compensativa dell’assegno, posto che se la prima è destinata a venire meno quando il coniuge inizi una nuova relazione stabile, la seconda mantiene la sua ragion d’essere, perché si riferisce a quanto accaduto in precedenza, in costanza di matrimonio.
Non può infatti essere ignorato che la costituzione di una famiglia di fatto, specie se – come anche nel caso in esame – potenziata nella fermezza del suo vincolo dalla nascita di figli, costituisce espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, cui corrisponde anche una assunzione di responsabilità, verso il nuovo partner e il nuovo nucleo familiare frutto di un progetto di vita condiviso. Il mutamento della situazione di fatto a seguito di tale scelta libera, consapevole e responsabile dell’ex coniuge non può non essere foriero di conseguenze anche sui rapporti pregressi.
Il dato centrale della sentenza Cassazione Sezioni Unite 5 novembre 2021, n. 32198 su convivenza e assegno divorzile è costituito dalla identificazione di due diverse componenti di un tale assegno di mantenimento divorzile: quella assistenziale e quella compensativo-perequativa. La Cassazione Sezioni Unite 5 novembre 2021, n. 32198 su convivenza e assegno divorzile indica che “l’affermazione di una caducazione automatica del diritto all’assegno di divorzio, sia nella sua componente assistenziale, sia nella sua componente compensativa, nella sua integralità ed a prescindere dalle vicende del caso concreto, oltre che mancante di un saldo fondamento normativo attuale, non è neppure compatibile con la funzione dell’assegno divorzile, come delineata attualmente dalla giurisprudenza della Corte come non esclusivamente assistenziale, ma anche compensativo-perequativa, come segnalato dalla più accorta dottrina matrimonialista, mentre sarebbe stata coerente con l’affermazione della funzione esclusivamente assistenziale dell’assegno, propugnata con un repentino cambiamento di giurisprudenza da Cass. n. 11504 del 2017, dalla quale tuttavia le Sezioni Unite hanno preso le distanze”. Come si evidenzia nella sentenza qui in esame Cassazione Sezioni Unite 5 novembre 2021, n. 32198 su convivenza e assegno divorzile occorre considerare che “sulla base di quanto affermato da Cass. S.U. n. 18287 del 2018, deve ritenersi un dato ormai acquisito, in ragione della funzione composita dell’assegno divorzile, che debba procedersi al riequilibrio della disparità delle posizioni economiche venutasi a creare a seguito dello scioglimento del matrimonio, non più nell’ottica, ormai definitivamente superata, di agganciare per sempre il tenore di vita dell’ex coniuge al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, dando luogo anzichè alla valorizzazione dell’autonomia, alla costituzione di ingiustificate rendite parassitarie, bensì allo scopo di attribuire all’ex coniuge che non fruisca di mezzi adeguati, e non sia in grado di procurarseli autonomamente e non per sua colpa, un assegno di divorzio che sia commisurato anche al contributo prestato alla formazione del patrimonio familiare e dell’ex coniuge”. Il dato più rilevante da considerare è quello che la sentenza qui in commento Cassazione Sezioni Unite 5 novembre 2021, n. 32198 su convivenza e assegno divorzile sintetizza in questo modo: “il riconoscimento della funzione composita dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, non solo assistenziale, ma anche perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà (e, prima ancora, dal principio di pari dignità dei coniugi), e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate per la realizzazione di un progetto comune, e pur sempre qualora nella nuova situazione di fatto non disponga di mezzi adeguati”.
La nuova famiglia di fatto non esclude il diritto all’assegno di divorzio per il coniuge economicamente più debole e privo di mezzi adeguati. Le Sezioni unite cancellano qualunque automatismo tra nuova convivenza e perdita dell’assegno in favore del coniuge economicamente più debole. E chiariscono che il nuovo percorso di vita intrapreso con una terza persona, che sia accertato giudizialmente, incide sì sul diritto al riconoscimento dell’assegno di divorzio, sulla sua revisione o sulla sua quantificazione, ma non ne determina necessariamente la perdita integrale. Il coniuge economicamente più debole può, infatti conservare il diritto esclusivamente in funzione compensativa e non assistenziale.
Posto che la classica configurazione del versamento periodico si addice principalmente all’esigenza di sostegno economico tipica della componente assistenziale ed essendo venuta meno quest’ultima, ha poco senso prevedere il versamento periodico di un emolumento interamente parametrato al passato, cioè riferito a criteri già valutabili nella loro completezza e non più suscettibili di variazione