Perché non prestiamo loro un po’ di consulenza patrimoniale e garantiamo, per il convivente che lo desidera, addirittura una serie altri vantaggi niente affatto previsti dalla normativa di riferimento?
Noi professionisti siamo pronti a prestare consulenza patrimoniale? Cominciamo da qui.
La legge cd Cirinnà in tema di convivenze è particolarmente avara di tutele nei confronti del convivente nemmeno in presenza di figli nati dalla coppia. Una norma tuttavia, assai vantaggiosa , è stata già consigliata e fatta azionare a favore delle coppie di conviventi , da parte dei professionisti più preparati.
Si tratta dell’art 230 ter cc che, in linea con quanto previsto a favore delle coppie sposate ( e delle unioni civili) di cui al precedente art 230 bis , assicura al convivente che presta la sua attività nell’azienda del partner un reddito commisurato alla quantità e qualità del lavoro prestato oltre ad una determinata percentuale sull’incremento del patrimonio .
Prima ancora che una norma a tutela del patrimonio delle persone, in questo caso conviventi, direi una norma di equità. Avvocati e commercialisti niente altro hanno fatto che ripercorrere , mutatis mutandis, lo stesso procedimento posto in essere per la costituzione di una impresa famigliare. Provate ad immaginare la differenza nel momento in cui la coppia “ scoppia” tra aver o meno posto in essere una impresa famigliare dove i diritti e le obbligazioni di ciascuno e i corrispondenti valori da riconoscere sono ben determinati e addirittura ben documentati , con il caso opposto , aimè il più frequente, dove questa precauzione non è stata considerata. Lo stesso consulente fiscale, prima ancora che il legale, bene conosce il procedimento, gli adempimenti necessari. Diversamente cosa può succedere? Pensate al convivente ex collaboratore famigliare che si rivolge al giudice , un giudice costretto a far ricorso ad un consulente tecnico d’ufficio CTU per reperire quegli stessi valori …. E tramutate il tutto in costi legali : per chi ci è passato , un autentico bagno di sangue. Non bastasse la corsa al riconoscimento dei diritti non è priva di ulteriori ostacoli. Vengo a conoscenza che l’Ispettorato Nazionale del Lavoro esclude la possibilità di inquadrare quale collaboratore/coadiuvante il familiare convivente more uxorio, in tal modo allineandosi alla posizione dell’Inps. L’INPS infatti in riferimento al convivente more uxorio afferma (circ. 66/2017): «… non avendo lo status di parente o affine entro il terzo grado rispetto al titolare d’impresa, non è contemplato dalle leggi istitutive delle gestioni autonome quale prestatore di lavoro soggetto ad obbligo assicurativo in qualità di collaboratore familiare…». “Di fatto, la norma non introduce alcuna equiparazione di status e di conseguenza nessuna estensione delle tutele previdenziali per i conviventi di fatto che, non assumendo lo status di parente o affine entro il terzo grado rispetto al titolare d’impresa, non possono essere qualificati come collaboratori familiari. L’Inps continua precisando che anche l’attribuzione al convivente di fatto di eventuali utili di impresa ai sensi dell’art. 230- ter del c.c. non ha alcuna conseguenza in ordine all’insorgenza dell’obbligo contributivo del convivente alle gestioni autonome, mancando i necessari requisiti soggettivi, dati dal legame di parentela o affinità rispetto al titolare. “
Come vedete molti sono gli aspetti che la normativa sulle convivenze non considera. Un vero peccato! Ma allora, se al contrario, soprattutto in presenza di figli e di un menage affiatato, che fare se il convivente desidera che siano riconosciuti al suo partner diritti particolari, a cominciare da quelli successori, che come sappiamo sono negati alla coppia more uxorio, insieme a molti altri? Né più ne meno di quello che vi ho raccontato a Roma il 29 aprile scorso in occasione del nostro primo incontro nazionale. In quel conteso vi ho presentato il più facile ed economico degli strumenti legali a disposizione: il vincolo di destinazione. Un potente strumento in grado di fare molte cose, un “ piccolo trust”; ma con il vantaggio di essere più economico, semplice da proporre e, al momento ,di essere assai poco conosciuto e utilizzato: un bel vantaggio competitivo direi per chi intende trarne profitto. Vogliamo allora approfittarne? Che ne dite di partire da qui , magari con un piccolo ripasso sul contenuto di quell’incontro per poi proseguire alla ricerca di tanti altri obiettivi da proporre e conseguire al nostro cliente? Serve ovviamente partire dalla conoscenza degli strumenti tecnico-giuridici che questi obiettivi e molti altri permettono di realizzare. E non solo riguardo al tema della convivenza.
In altre parole : un percorso sulla Consulenza Patrimoniale.