CONTI CORRENTI COINTESTATI: UNA GARANZIA PER LE PARTI?

Sono sempre più le coppie di coniugi, conviventi o famigliari, che accanto ai propri conti correnti personali costituiscono conti correnti cointestati, reputandoli una garanzia estesa per le parti. Ma è davvero così?

Quando si parla di conto corrente cointestato tra coniugi, conviventi o familiari, si ritiene cointestato al 50% tra le parti il saldo attivo del conto.

Ben possiamo affermare, quindi, che attraverso la previsione in parola si sia voluto codificare un generale principio in virtù del quale la cointestazione del conto bancario conferisce ad ogni correntista la piena legittimazione a operare sullo stesso, secondo il criterio della solidarietà attiva.
Tuttavia, da lungo tempo si è da più parti rimarcato che altra, e diversa, questione è quella attinente all’effettiva titolarità delle somme giacenti sul conto bancario cointestato.
Per quanto concerne quest’ultimo profilo, vi è senz’altro una presunzione circa il fatto che le somme appartengano, in egual misura, a tutti i correntisti

Per comprendere meglio andiamo in aiuto del nostro codice civile!

L’Articolo 1854 Codice Civile disciplina il conto corrente intestato a più persone affermando che:

“Nel caso in cui il conto sia intestato a più persone, con facoltà per le medesime di compiere operazioni anche separatamente, gli intestatari sono considerati creditori o debitori in solido dei saldi del conto.”

Il principio, quindi, della solidarietà attiva e passiva delle obbligazioni viene riconfermato a proposito dei contratti bancari. L’intestazione a più persone del conto produce la presunzione di solidarietà per esse di fronte alla banca. Tale presunzione non cade per il solo e semplice fatto che i clienti intestatari del conto abbiano espressamente o implicitamente la facoltà di compiere operazioni anche separatamente.

L’intestazione del conto a più persone produce anche rispetto ai contratti bancari, e specialmente nei confronti di quelli regolati in conto corrente, l’attuale effetto dell’unitarietà disciplinatrice del rapporto e la presenza una comunione di interessi tra coobbligati. 

Dalla presunzione di contitolarità discende che, in caso di morte di uno dei coniugi cointestatari, la metà della somma del conto cade in successione, mentre l’altra metà resta di proprietà dell’altro coniuge, convivente o famigliare.

ATTENZIONE PERO’!!

Tale presunzione può essere superata con la dimostrazione che il conto sia alimentato solo da proventi di uno dei due. In questo caso si deve escludere che l’altro cointestatario possa avanzare diritti sul saldo medesimo.

Questo quanto affermato anche dalla Cassazione, che dichiara che nel caso in cui il saldo attivo su un conto cointestato risulti discendere dal versamento di somme di “pertinenza esclusiva” di solo uno di essi,  deve escludersi che l’altro cointestatario, nel rapporto interno tra di essi contitolari, possa avanzare diritti sul saldo medesimo.

La Corte di Cassazione, poi, (Cassazione Civile, Sez. II, 23 febbraio 2021, n. 4838) ha recentemente rilevato che nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall’art. 1854 cod. civ., riguardante i rapporti con la banca, bensì dall’art. 1298 comma 2, cod. civ. che afferma che la contestazione di un conto corrente fa presumere la qualità di creditori o debitori solidali del saldo del conto, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni.

L’Articolo 1298 Codice Civile disciplina appunto Rapporti interni tra debitori o creditori solidali, affermando che:

“Nei rapporti interni l’obbligazione in solido si divide tra i diversi debitori o tra i diversi creditori, salvo che sia stata contratta nell’interesse esclusivo di alcuno di essi.

Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.”

Il codice del 1865 regolava questi rapporti solo in relazione alla solidarietà passiva e stabiliva che l’obbligazione in solido si dividesse di diritto fra i vari condebitori, salvo che fosse stata contratta nell’interesse esclusivo di uno di questi, nel qual caso i primi erano reputati come fideiussori del secondo.

II codice vigente opportunamente contempla i rapporti interni anche nella solidarietà attiva e per questa come per quella passiva adotta la stessa regola, cioè dispone la divisione di diritto fra tutti, salvo il caso di obbligazione contratta nell’interesse esclusivo di un soggetto.

Aggiunge pure il codice vigente la regola che il riparto avviene in parti uguali, salvo non risulti stabilita una differente ripartizione. Qui non si precisa donde questa diversità di riparto debba trarre il suo fondamento, ma è chiaro che questo può riporsi nella legge, se dalla legge deriva la solidarietà, nella convenzione, se da questa ultima essa scaturisce.

In conclusione ne consegue che nei rapporti con la banca così come nei confronti dei terzi, le quote dei cointestatari saranno sempre da presumere eguali, in mancanza di un patto contrario, mentre nei rapporti interni tra i cointestatari la parità di quote potrà venire meno in caso di allegazione diversa da parte di uno tra essi che abbia caratteristiche di gravità, precisione e concordanza; ad esempio qualora il saldo attivo derivi dal versamento esclusivo di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti.

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