LA PIANIFICAZIONE SUCCESSORIA DELLA CRIPTOATTIVITA’

La presenza di asset digitali nel patrimonio di un soggetto può sollevare criticità nel caso in cui il titolare muoia e si apra la successione.

Limitando l’indagine a quella parte di patrimonio digitale che ha valore economico e su cui il titolare ha diritti di proprietà o di utilizzo (criptovalute, NFT, relativi contratti per servizi on line), può accadere che gli eredi non siano a conoscenza dell’esistenza di questi asset nel patrimonio del defunto o che, pur consapevoli dell’esistenza di un patrimonio digitale, incontrino delle difficoltà nel subentrare nella titolarità di criptovalute e token e nei rapporti contrattuali con i soggetti che forniscono servizi accessori (wallet e piattaforme exchange). L’accesso a questi asset richiede, infatti, la disponibilità delle credenziali dell’account (nome utente e password) e il possesso di chiavi crittografiche per finalizzarne il trasferimento.

Per limitare l’impatto di questi eventi sulla successione degli eredi, è importante che il titolare delle criptoattività pianifichi la propria successione.

In assenza di appositi strumenti di gestione del passaggio patrimoniale predisposti dal legislatore, come fare?

Il testatore, in base alle esigenze proprie dei beni oggetto delle disposizioni, può utilizzare gli istituti esistenti nell’ordinamento, ma quali?

Pensiamo a il testamento, che consente al proprietario di crypto-asset di disporre anche dei propri beni digitali, nonché delle password di accesso agli account e delle chiavi crittografiche necessarie per i trasferimenti.

Ancora il legato, un c.d. “legato di password”, ossia una disposizione a titolo particolare attraverso cui conferire al legatario i diritti su quanto custodito dalle credenziali. trasferisce le password a un soggetto non necessariamente è indicativa della volontà dello stesso di trasferire il bene o il diritto a cui queste danno accesso, ma può significare che quelle credenziali sono attribuite al soggetto affinché ne garantisca la corretta gestione;

La redazione delle password e delle chiavi crittografiche sulla scheda testamentaria (sia in caso di attribuzione a titolo universale che particolare), tuttavia, può minare l’esigenza di riservatezza che dovrebbe caratterizzare tali dati. Da un lato, i soggetti che per primi rinvengono la scheda potrebbero fare uso di quei dati; dall’altro, la pubblicazione del testamento olografo (disposta dall’art. 620 c.c.) espone le credenziali per l’accesso all’account su wallet o alla piattaforma exchange all’uso da parte di soggetti diversi dai destinatari.

La dottrina propone di superare un simile inconveniente inserendo nel testamento, sia in caso di disposizione a titolo particolare che universale, una clausola che indichi al destinatario della password e delle criptoattività il luogo in cui la password potrà essere rivenuta.

Un’altra modalità per gestire la comunicazione delle password è il mandato post mortem exequendum. Si tratta di un negozio tra vivi in forza del quale un soggetto si obbliga a compiere una o più attività per conto di colui che gli ha conferito l’incarico, la cui esecuzione è differita al momento della morte del mandante. Si ritiene che detto contratto non violi il divieto di patti successori quando abbia ad oggetto il compimento, da parte del mandatario, di atti a contenuto non patrimoniale aventi ad oggetto un’attività.

Nell’ambito di cui si discute, dunque, il testatore potrebbe affiancare all’atto dispositivo mortis causa un mandato stipulato con un soggetto di sua fiducia, il quale si impegnerebbe a custodire e poi comunicare le password e le chiavi crittografiche ai destinatari.

Un’ulteriore soluzione per il disponente può essere quella di servirsi di un esecutore testamentario, un soggetto indicato dal de cuius per dare corretta esecuzione al testamento. Il testatore, pertanto, potrebbe disporre mortis causa delle criptovalute utilizzando una persona di fiducia in possesso delle credenziali di accesso, per dare corso alle sue volontà. Peraltro, l’incarico di esecutore testamentario può essere rinunziato dalla persona indicata; si tratta, quindi, di un istituto che presenta qualche incertezza.