Il trust nel “passaggio generazionale impresa familiare” rappresenta un tipo di trust che sta attirando sempre più attenzione.
Infatti è risaputo che solo una azienda su tre riesce a passare di mano da padre in figlio e che solo il 15% sopravvive al successivo passaggio.
Un vero disastro per l’economia nazionale !
Se solo si potesse usufruire di identica statistica che metta in luce i successi del trust su questo fronte e, meglio ancora, potesse misurare statisticamente il grado di serenità con il quale grazie al trust lo si è potuto portare a compimento, avremmo assai gradevoli sorprese: potremmo scoprire che grazie al trust in Italia si potrebbe salvare un “pezzo” di economia della nostra penisola.
Lo dico a ragion veduta in quanto l’esperienza di questi ultimi dieci anni me lo conferma nella maggior parte dei casi.
Va tuttavia doverosamente premesso che esiste un problema che attiene al grado di preparazione del consulente/professionista sul trust, tema che presenta una considerevole complessità e di solito evidenzia uno “strano innamoramento” per chi vi si dedica, di solito a tempo pieno.
Alla fine quanti saranno i professionisti in grado di proportelo?
D’altra parte solo gli appartenenti a quella particolare categoria di “innamorati” possono anche assicurare di poter risolvere un secondo annesso problema: il trust, una volta costituito, deve essere in grado di “tenere”.
In parole semplici significa che chiunque vi abbia interesse, di solito un erede o un creditore, potrà far arrivare in mano ad un giudice gli atti e scoprire solo in quella sede la nullità piuttosto che la revocabilità dei conferimenti!
In questi casi, che ripeto non sono affatto infrequenti, oltre a non aver assicurato il passaggio generazionale dell’azienda di famiglia, si potrà anche restare privi della protezione anche di tutto il resto del patrimonio familiare conferito, protezione del patrimonio che, non dimentichiamo, il trust assicura sempre!
Trust e passaggio generazionale dell’impresa familiare.
Una corretta lettura del titolo non può prescindere dal fatto che il trasferimento dell’azienda di famiglia debba intendersi nel senso di affrontare e risolvere i seguenti punti:
– il passaggio del Patrimonio della famiglia da una generazione all’altra, non solo alla successiva si badi bene
– l’obiettivo è di preservarla, nell’interesse di tutti i discendenti che comunque sono destinatari del reddito prodotto, anche quelli non chiamati a governarla o che addirittura devono star “lontani” dalla sua amministrazione: vedi per tutti la famiglia Agnelli che lo fa dal 1981.
– minimizzare nel contempo il carico fiscale.
Come si può notare è una bella lista di obiettivi da raggiungere: ma il trust è in grado di farlo.
Per la verità da un anno a questa parte nei convegni che affronto sull’argomento aggiungo, certo in modo provocatorio per molti, anche una sfida che si sintetizza così:
Ma il trust può in determinate aree di intervento procurare importanti risparmi di imposte?
La mia esperienza quarantennale di commercialista mi ha spinto, da non molto tempo per la verità, a scandagliare con occhio diverso rispetto a quello del giurista, una quantità di situazioni aziendali/personali nelle quali, al di là della pressione crescente del fisco, si riesce a trarne ancora notevoli e legittimi vantaggi.
Ma questa è un’altra storia che merita un’analisi specifica.
Quando mi trovo a dimostrare davanti ad un pubblico questa serie di impegnativi assunti mi avvalgo normalmente della esposizione di tre o quattro casi tratti dalla vita professionale.
1°) Caso Studio e Testimonianza sul Trust per il passaggio generazionale dell’impresa familiare.
Si tratta di un’azienda metalmeccanica gestita da una SRL con soci marito e moglie al 50% cadauno. La coppia ha due figli: uno vi lavora da anni in qualità di dipendente, mentre l’altra esercita l’attività di psicologa fuori regione e non nutre alcun interesse per l’attività di famiglia. Al contrario il figlio ha determinate capacità ed intende sostituire i genitori al momento che passeranno la mano.
Costoro intendono assecondare la vocazione di entrambi, cercando di effettuare nel contempo sia un efficace passaggio generazionale dell’azienda di famiglia, sia un’equa divisione del patrimonio familiare tra gli eredi.
Erano state loro presentate due alternative dal professionista cui si erano in precedenza rivolti:
1) la donazione delle quote della SRL al figlio
2) il patto di famiglia.
Queste due alternative peraltro sono le soluzioni che tradizionalmente vengono proposte dai professionisti.
1) Nel primo caso il marito, in quanto la donazione realizza un passaggio immediato di proprietà e una sua possibile uscita di scena, si rende ben presto conto di non avere certezza sul suo ruolo di amministratore della società.
Cosa sgradevole dal punto di vista soggettivo, ma anche oggettivo essendo ancora lui figura di riferimento importante e vitale nel contesto aziendale. Si era in sostanza da solo reso conto che la donazione di quote sociali non tiene conto della separazione indispensabile tra proprietà e gestione.
2) Patto di famiglia: in sintesi si tratta di un accordo sottoscritto tra tutti i famigliari in base al quale il genitore trasferisce al solo figlio l’azienda di famiglia che però dovrà farsi carico di liquidare, con i suoi soldi, la sorella per la parte di sua spettanza.
Anche in questo caso i genitori hanno potuto realizzare che rimanevano da risolvere tutti, nessuno escluso, i problemi della donazione di quote, ma con un aggravio non di poco conto: come poteva il figlio lavoratore dipendente trovare i danari per liquidare la sorella?
Sono questi infatti i motivi per cui i Patti di Famiglia, diventati legge solo dal 2006, hanno avuto un utilizzo marginale che ne ha decretato l’insuccesso.
Con il TRUST la coppia di coniugi, con l’occasione chiamati disponenti, hanno potuto inserirvi l’intero pacchetto delle quote della SRL di famiglia oltre a tutti gli altri beni costituenti il loro intero patrimonio e cioè abitazione e danaro. Con quali risultati?
Assieme a loro ho analizzato e discusso per dieci mesi le istruzioni da inserire in atto, accompagnandoli per mano e suggerendo alternative, trovandoli recettivi, coinvolti e pronti a dare il loro contributo: vi assicuro che questa è la fase più bella per il professionista che vede crescere il suo lavoro con il riconoscimento e la soddisfazione del cliente che vede realizzato il suo obiettivo.
Per quanto riguarda la conduzione dell’azienda è stato previsto, in due commi ben articolati, il “requisito dell’imprenditorialità” obbligatorio per chi dovrà condurla.
Il trust è stato inoltre costruito prevedendo una durata tale da accompagnare l’azienda anche oltre la generazione presente, al fine di garantirne la continuità a vantaggio di tutti gli eredi, anche quelli esclusi dall’amministrazione, che in tal modo si vedranno comunque riconosciuti i dividendi.
Relativamente al primo passaggio generazionale, in quanto disponibili beni sufficienti a liquidare la legittima alla figlia, si sono risolte con piena soddisfazione le aspettative di tutti i componenti la famiglia, in tal modo realizzando quella serenità che affermavo all’inizio.
Il meccanismo di liquidare i futuri figli dei figli, anche con l’apporto dei redditi aziendali via via accumulati nel trust, avrebbe comunque consentito e certamente permetterà più facilmente di liquidare anche quegli eredi che, privi della capacità imprenditoriale necessaria, preferiranno uscire, ottenendo in questo modo la continuità dell’azienda di famiglia.
Ma quanto è costata alla nostra coppia, in termini di imposte, inserire le loro intere quote nel trust?
Risposta: ZERO!
Non solo il trasferimento delle loro quote di SRL, soggette ad imposta di donazione, non è costato, ma ancor più interessante, nulla sarà più dovuto da parte dei figli in termini di imposta di successione al momento della morte dei genitori.
Come non poteva non esserci soddisfazione…in aggiunta alla serenità?!?
E’ stato difficile in seconda battuta mettere i figli attorno ad un tavolo a condividere le scelte dei genitori?
Quanto al papà, lui continua a far parte a pieno titolo del Consiglio di amministrazione della SRL del quale fa ora parte anche il figlio maschio.
Il trust, permettendo di tener distinte proprietà e gestione della società, gli permetterà di poterla utilmente governare finché ne avrà anche lui le capacità.
Ebbene sì: significa che un successivo articolo del trust prevede , per il bene dell’azienda che possa essere anche lui rimosso in caso di malattia grave o vecchiaia, pur continuando a percepire i redditi derivanti da una valida gestione della società.
Non sono tutti questi dei grandi vantaggi?!
Vi assicuro che ce ne sono anche ben altri oltre a quelli descritti in questo caso emblematico di “passaggio generazionale impresa familiare”, ma sarà per un’altra occasione, altrimenti diventa una trattazione troppo tecnica ed impegnativa.
2°) Caso Studio e Testimonianza.
Ecco un altro esempio di come il Trust nel passaggio generazionale dell’impresa familiare si dimostri molto efficace.
Il sig. A.D., noto imprenditore, aveva necessità di risolvere alcune delicate problematiche relative al passaggio generazionale della sua impresa al momento della sua morte. Le sue preoccupazioni riguardavano la situazione conflittuale che si era creata nella sua famiglia, che prospettava una delicata situazione ereditaria e un possibile smembramento dell’azienda.
A.D., infatti, ha 2 figli (maggiorenni) avuti dalla prima moglie, dalla quale è separato, ma non divorziato. Uno di loro è alcolista. Ha altri 2 figli, minorenni, avuti con l’attuale compagna.
Come ho potuto dare il mio aiuto in questo caso? Ho gestito la successione dell’azienda di A.D. istituendo un Trust che, alla sua morte, assicurerà un controllo unitario dell’impresa che resterà in vita e continuerà a produrre reddito a beneficio di tutta la famiglia.
Ma il Trust è riuscito a fare di più: far sedere allo stesso tavolo la prima moglie e l’attuale compagna di A.D., le quali si sono serenamente accordate per il loro futuro e quello dei figli.
Silvano maggio – esperto in trust
CASO STUDIO E
TESTIMONONIANZA SUL TRUST FAMILIARE
Altro caso tipico è quello della tutela del figlio “debole”, o affetto da qualche forma di dipendenza o in generale “problematico”: in questi casi gli si vuole garantire quel reddito necessario o i servizi “sostitutivi” necessari , ma volendo nello stesso tempo preservare e garantirsi la protezione del patrimonio di famiglia.
A questo punto mi permetto di condividere a conclusione della mia “breve carrellata” un caso che mi è capitato di affrontare.
Si trattava di una coppia di anziani con due figli, uno dei quali tossicodipendente, proprietari di una abitazione di proprietà e di altre disponibilità liquide.
Tutti questi beni vennero inseriti in trust familiare con la sola eccezione del diritto di usufrutto dell’immobile, trattenuto a favore della coppia.
Le istruzioni cui il trustee, in qualità di gestore del trust doveva attenersi, imponevano l’erogazione di una somma mensile necessaria “per vivere” al figlio tossicodipendente.
Alla morte di entrambi i genitori al trustee era stato fatto carico di erogare a quest’ultimo figlio la sola legittima parte (cioè quella parte di eredità minima obbligatoria per legge), depurata però di quanto già anticipato in vita, proprio per evitare che quanto ricevuto potesse sparire in breve volgere di tempo.
In tal modo, una volta soddisfatto con la legittima parte anche l’altro figlio, rimanevano a disposizione delle somme con le quali poter ancora garantire un “decoroso mantenimento” al figlio tossicodipendente.
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CONTRATTO
Rapporto di fiducia fra il disponente e il trustee
SOGGETTI
Disponente, Guardiano e Beneficiario
BENI
Beni immobili, quote e azioni societarie, conti correnti…
FINALITÀ
- passaggio generazionale
- tutela persone disabili
- amministrare e proteggere il patrimonio
familiare
TESTIMONIANZA
“Un signore voleva destinare una sua spaziosa abitazione di campagna, dotata di ampio cortile e annesso orto, esclusivamente alla preghiera dei fedeli. Il dubbio che lo attanagliava da tempo era costituito dal fatto che, se avesse donato la sua proprietà ad un Ente religioso, una volta che questo fosse stato chiuso (evento non raro oggigiorno) sarebbe stata stravolta la sua volontà. Allora quale soluzione adottare?…”
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TESTIMONIANZA
“Si tratta di un’azienda metalmeccanica gestita da una SRL con soci marito e moglie al 50% cadauno. La coppia ha due figli: uno vi lavora da anni in qualità di dipendente, mentre l’altra esercita l’attività di psicologa fuori regione e non nutre alcun interesse per l’attività di famiglia. Al contrario il figlio ha determinate capacità ed intende sostituire i genitori al momento che passeranno la mano.
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TESTIMONIANZA
“Si trattava di una coppia di anziani con due figli, uno dei quali tossicodipendente, proprietari di una abitazione di proprietà e di altre disponibilità liquide. Tutti questi beni vennero inseriti in trust familiare con la sola eccezione del diritto di usufrutto dell’immobile, trattenuto a favore della coppia. Le istruzioni cui il trustee, in qualità di gestore del trust doveva attenersi…
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