CONTRATO DI DONAZIONE

Contratto di donazione: una guida rapida

La donazione è un contratto disciplinato dall’art. 769 del codice civile con il quale una persona (detto donante) trasferisce per spirito di liberalità un bene patrimoniale o un proprio diritto ad altra persona (detto donatario).

Si può parlare di donazione anche quando il donante assume verso il donatario un’obbligazione (c.d. donazione promissoria).

Ma quali sono i requisiti e le caratteristiche di tale contratto? E, soprattutto, quale forma è richiesta e necessaria?

Affinché si abbia una donazione, devono ricorrere alcuni requisiti fondamentali, come quello soggettivo (la volontà di arricchire un’altra persona) e quello oggettivo (l’arricchimento altrui e l’impoverimento del donante).

Nelle donazioni, fatta eccezione per quelle di modico valore di cui all’art. 783 c.c. per la cui validità è sufficiente la tradizione del bene, è necessaria, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico (ad substantiam) (art. 782 c.c.), redatto da un notaio o da altro pubblico ufficiale legittimato ad attribuire al documento pubblica fede. L’accettazione può essere fatta nell’atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l’atto di accettazione è notificato al donante. Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione. La legge notarile richiede che la donazione sia rogata dal notaio alla presenza, irrinunciabile, di due testimoni (artt. 48 e 50, l. 16 febbraio 1913, n. 89).

Se la donazione riguarda cose mobili, l’art. 782 richiede che – nello stesso atto o in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio – le stesse siano specificate e ne sia indicato il valore. Ciò a pena di invalidità della donazione per la parte relativa alle cose non specificate e valutate.

La Corte di Cassazione è recentemente intervenuta con l’interessante sentenza n. 18725 dello scorso 27 luglio 2017. La sentenza citata chiarisce se sia o meno possibile fare una donazione con un bonifico bancario e senza la presenza del notaio e dei due testimoni previsti dalla legge.

Ricordando brevemente che per le donazioni è necessaria la forma dell’atto pubblico con la presenza di almeno 2 testimoni, la Suprema Corte ha ribadito che una donazione effettuata tramite bonifico non è legale dal punto di vista giuridico, a meno che – come sopra anticipato – la donazione non sia di modico valore.

 

Oggetto della donazione

La donazione può comprendere

  • Tutti i beni presenti del donante;
  • Beni futuri, secondo l’art. 771 c.c., è nulla rispetto solo a questi ultimi, salvo che si tratti di frutti non ancora separati. Ove l’atto ricomprenda beni presenti e futuri, la nullità colpirà solamente la parte relativa a questi ultimi e non tutto l’atto.
  • Una universalità di cose, di cui il donante conservi il godimento trattenendola presso di sé, si considerano comprese nella donazione anche le cose che vi si aggiungono successivamente, a meno che dall’atto risulti una diversa volontà.
  • La donazione di cosa altrui che la dottrina, nel silenzio del codice e in analogia alle disposizioni della vendita e del principio generale di libertà negoziale, ritiene ammissibile a certe condizioni.

Causa e motivi

La causa del contratto è la funzione dello stesso, ovvero l’assetto di interessi, lo scopo comune che le parti intendono perseguire.

Nella donazione, la causa è costituita dalla spontanea volontà del donante (l’animus donandi) di arricchire l’altra parte contrattuale, senza corrispettivo, con il pedissequo proprio impoverimento. La causa della donazione, analogamente agli altri contratti, non si identifica con il motivo, ovvero la ragione per cui si decide di donare. Tuttavia, attesa la gratuità del negozio e l’incidenza negativa dello stesso sul patrimonio del donante, nella donazione viene riconosciuto eccezionalmente rilievo ai motivi del donante: così, ove risulti dall’atto di donazione e sia il solo che ha determinato il donante a compiere la liberalità, l’errore sul motivo, sia di fatto o di diritto, e il motivo illecito, possono portare all’invalidità della donazione (artt. 787, 788 c.c.).

La capacità di donare e ricevere

Con riferimento al donante, l’art. 774 c.c. richiede “piena capacità di disporre dei propri beni“, intendendo, pertanto, con tale espressione la capacità di agire e ritenendo invalide le donazioni fatte dai minorenni, dagli interdetti e dagli inabilitati, con le eccezioni previste dallo stesso articolo, per le donazioni fatte dal minore emancipato e dall’inabilitato nel loro contratto di matrimonio a norma degli artt. 165 e 166 c.c. (c.d. donazioni obnuziali).

In merito alla capacità di ricevere, il codice, in deroga alla disciplina generale sulla capacità giuridica, analogamente alle disposizioni per il testamento, statuisce che la donazione può essere fatta anche ai nascituri, pur se non ancora concepiti (art. 784 c.c.). In tal caso, l’accettazione viene fatta dai futuri genitori secondo le regole dettate dagli art. 320 ed 321 c.c. e i beni vengono amministrati dal donante o dai suoi eredi, salvo diversa disposizione.

La legge consente anche alle persone giuridiche di fare donazioni (se tale capacità è riconosciuta dal loro statuto o dall’atto costitutivo) e di riceverle (al riguardo non è più richiesta l’autorizzazione amministrativa all’accettazione, né la presentazione dell’istanza di riconoscimento per gli enti non riconosciuti).

La donazione è atto personale che non ammette, quindi, rappresentanza, salvo la possibilità, per il solo donante, di una procura speciale attraverso la quale conferire a un terzo l’incarico di designare il donatario tra una categoria di soggetti (persone fisiche o giuridiche) o di cose indicate dallo stesso (art. 778 c.c.).

Perché donare? Vantaggi e svantaggi

La donazione è il contratto col quale una parte arricchisce l’altra disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione per spirito di liberalità, senza cioè esigere un corrispettivo e senza esservi tenuto.Stante la particolare natura del contratto di donazione, che determina un impoverimento del donante, e gli effetti irrevocabili che questo produce, la legge richiede per la donazione, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico in presenza di due testimoni, salvo il caso di donazione di modico valore, per la quale è sufficiente la consegna del bene.

La donazione viene spesso utilizzata in sostituzione del testamento, al fine di anticipare gli effetti della successione, con la differenza che la donazione, essendo un contratto, produce i suoi effetti in modo irrevocabile, senza possibilità di “cambiare idea” liberamente fino al momento della morte, come invece accade per il testamento, che è invece revocabile fino all’ultimo istante di vita.

Il principale inconveniente che presenta la donazione deriva dalla possibilità che l’atto di donazione venga impugnato per lesione di legittima dopo la morte del donante. Ai più stretti congiunti del defunto, e cioè coniuge, discendenti e ascendenti, infatti, la legge riserva una quota dell’asse ereditario (calcolato comprendendo fittiziamente nell’eredità anche le donazioni fatte in vita), di cui detti congiunti non possono essere privati, neanche per espressa volontà del defunto. Se una donazione o un testamento priva detti congiunti, in tutto o anche solo in parte, della quota minima di eredità che spetta loro per legge, essi possono impugnare la donazione o il testamento e chiedere al donatario la reintegra di detta quota minima.

L’ impugnazione può essere esperita, ovviamente, solo dopo la morte del donante o del testatore, perchè solo in quel momento è possibile accertare se vi è una lesione di detta quota minima, e si prescrive in dieci anni dalla morte. Se il donatario ha nel frattempo venduto l’immobile ricevuto in donazione e non è in grado, con il suo patrimonio, di reintegrare detta quota minima, l’erede che ha visto lesa la sua quota di legittima, se non sono passati venti anni dalla donazione, può chiedere al terzo acquirente dell’immobile donato la restituzione dell’immobile stesso. Questa possibilità, in alcuni casi molto concreta, in altri casi estremamente aleatoria, crea sovente timori nell’acquirente di un immobile, o nella banca che deve concedere un mutuo con ipoteca sull’immobile, quando nella storia ventennale dell’immobile compare una donazione.

Nei casi più gravi è necessario risolvere, per mutuo consenso, l’atto di donazione e riportare l’immobile nel patrimonio del donante, per far sì che sia il donante, e non il donatario, a vendere l’immobile e che nella storia ventennale dell’immobile non compaia più alcuna donazione.

A fronte di questi svantaggi, la donazione presente tuttavia una minore onerosità fiscale rispetto alla compravendita, almeno nei casi, che sono la maggioranza, in cui viene effettuata fra parenti in linea retta o fra coniugi; in tal caso l’aliquota è del 4% (quattro per cento) e si calcola sulla parte del valore che eccede la “franchigia” di 1.000.000,00 (un milione) di euro.

All’imposta di donazione vanno aggiunte le imposte ipotecaria e catastale, con l’aliquota rispettivamente del 2% (due per cento) e dell’1% (uno per cento); dette imposte sono però dovute nella misura fissa di euro 200,00 ciascuna quando il donatario possiede i requisiti per le agevolazioni prima casa (analoghi a quelli richiesti per la prima casa nella compravendita.